Ci sono tre buoni motivi per lavorare sullo spazio personale con i cavalli. Vediamo quali sono.
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Molti cavalieri sottovalutano il concetto dello spazio personale, finendo in situazioni molto critiche. Il fatto che il cavallo sia un animale di diversi quintali molto istintivo, lo rende, suo malgrado, pericoloso. Potrebbe schiacciarci un piede, una gamba o anche tutto il corpo e non rendersene minimamente conto. Pretendere di volersi comportare con loro come se noi stessi fossimo dei grossi erbivori, è una forzatura illogica e pericolosa. La potenza, la resistenza ed anche il solo peso, rendono questo rapporto inverosimile. I cavalli tra loro si mordono, si calciano, si spingono. Se facessero tutto questo nei nostri confronti, ne usciremmo con lividi, ferite e qualche osso rotto, qualora ci dovesse andar bene. Perciò insegnare lo spazio personale ad un cavallo è fondamentale. Gli si deve spiegare che deve rispettare determinate regole che imporremo, essendo noi privi dei suoi stessi mezzi fisici. L’insegnamento di questo concetto si riflette di fatto in una richiesta di rispetto nei nostri confronti.
I vantaggi di questo lavoro diventano quindi triplici: innanzitutto, nella comunicazione equina far rispettare uno spazio intorno a noi significa poter controllare il movimento del cavallo, perciò un ritorno alla dimostrazione delle capacità di leadership. Molto spesso i cavalli entrano nei nostri spazi per valutare fino a dove si possono spingere e, quando non trovano resistenze o divieti, occupano tutto questo spazio, volendoci dimostrare di essere in grado di gestirci e di poter pretendere la nostra posizione. I cavalieri più inesperti male interpretano questo atteggiamento, credendo che il loro “cucciolo” di cinque quintali cerchi coccole. La realtà è ben diversa.
Perciò fare rispettare i nostri spazi diventa una delle dimostrazioni di capacità di leadership nei confronti del cavallo, con conseguente ottenimento di rispetto, perciò di fiducia. Un secondo vantaggio riguarda la sicurezza: quando un cavallo ci resta troppo vicino potrebbe travolgerci, nel caso di una reazione istintiva. Se gli insegnassimo invece a rispettare la distanza, anche in caso di reazione, rimarremo in sicurezza: il cavallo tenterà una fuga, ma nel rispetto dello spazio, quindi passando lontano da noi. Terzo ed ultimo vantaggio è l’attenzione: un cavallo che deve mantenersi a distanza da noi, deve sapere dove siamo. Perciò dovrà rimanere concentrato sui nostri movimenti. L’attenzione stimola la parte razionale del cervello, a discapito di quella istintiva.
Come giungiamo tuttavia a far capire al nostro cavallo qual è lo spazio che lui deve rispettare? L’errore più frequente è quello di punirlo ogni qualvolta che ci viene addosso. Difficilmente il cavallo in questa maniera capirà il motivo della punizione ed inoltre comincerà a temere la nostra vicinanza. Il lavoro che andremo a svolgere, spiegato nel sesto step del metodo ATH, dovrà invece fargli rispettare lo spazio intorno a noi, ma non spingerlo a temerlo. Sono due concetti ben diversi. Innanzitutto dovremo decidere l’ampiezza dello spazio che vorremo far rispettare. Tale ampiezza varia da cavallo a cavallo e da cavaliere a cavaliere. Essa cresce o cala in base alle dimensioni del cavallo, al suo grado di istintività, alla sua età e al rapporto che il cavaliere ha con lui. Usando una comoda lunghina di addestramento, si parte con il cavallo alla distanza voluta e lo si accompagna a mano. Nella mano opposta, la parte residua di lunghina che lasceremo pendere, creerà il raggio del nostro spazio personale. Ci incammineremo come d’abitudine, facendoci seguire dal cavallo. Senza preavviso ci fermeremo e con la coda dell’occhio valuteremo se il cavallo si ferma o se entra nel nostro spazio, magari venendoci addosso. In tal caso, mantenendo la posizione, faremo ruotare la lunghina che tenevamo nella mano opposta a quella che accompagna il cavallo, definendo un’area circolare attorno a noi all’altezza della nostra cintura.
Non dovremo seguire o ricercare il cavallo, ma semplicemente definire una zona, nella quale il cavallo verrà colpito dalla lunghina, se non si distanzia. Fintanto che lui rimarrà in questo spazio, la lunghina continuerà a roteare e a colpirlo, creando una situazione di scomodità. Per trovare il rilascio di pressione, il cavallo dovrà allontanarsi e quello sarà il momento in cui comincerà a capire di doversi mantenere ad una determinata distanza. Questa tecnica non crea uno scontro con l’animale, in quanto non si ricerca un contatto con lui. Capirà che stiamo solo definendo un’area e se lui ne rimarrà a distanza, non incorrerà in una situazione di fastidio. Ci vorranno diverse ripetizioni perché possa comprendere a pieno quello che gli stiamo chiedendo. Non appena uscirà dallo spazio, ci potremo incamminare nuovamente, come se nulla fosse accaduto.
Quando questo concetto sarà ben appreso, potremo fare una prova del nove, che è la seconda fase dell’esercizio: una volta che ci saremo fermati e il cavallo rimarrà alla giusta distanza, faremo un passo deciso indietro, spostando di fatto il nostro spazio. Il cavallo dovrebbe quindi, a questo punto, indietreggiare o comunque allontanarsi da noi. Se non dovesse farlo, ritorneremo a delineare lo spazio con la lunghina. Una volta che si sarà allontanato, ripartiremo in avanti e riproveremo finchè non comprenderà che lo spazio che definiamo si muove con noi, perciò si dovrà distanziare anche se noi indietreggiamo.
Imparata questa fase, entreremo nella terza ed ultima: ci incammineremo, come abbiamo fatto nella prima fase, ci fermeremo ed ora il cavallo sarà alla giusta distanza. Quindi ci gireremo su noi stessi ed avanzeremo come se volessimo raggiungere un punto proprio dietro a lui in linea d’aria. Perciò il nostro percorso “attraverserà” il cavallo. Anche in questo caso si dovrebbe allontanare e lasciare il nostro passaggio libero. Per ottenere questo risultato è importante che l’atteggiamento del nostro corpo comunichi la volontà di ottenere spazio, per cui: sguardo verso il punto di arrivo, testa alta, spalle aperte e passo sicuro. Questo sarà il segnale per il cavallo circa le nostre intenzioni. Nel caso in cui lui non volesse lasciarci il passaggio, ci fermeremo e faremo nuovamente roteare la lunghina, definendo nuovamente il nostro spazio, per poi proseguire verso il nostro punto di arrivo. È importante non seguire il cavallo, nemmeno con lo sguardo, altrimenti penserà che l’obiettivo del nostro muoverci sia lui stesso e non il percorso che ci dovrebbe liberare. Una volta che anche questo esercizio sarà compreso, dovremo assicurarci che il cavallo abbia imparato a leggere il nostro atteggiamento e non solamente a scapparci via. Per cui ripeteremo l’esercizio, ma stavolta ci avvicineremo a lui con un atteggiamento passivo, cioè tenendo la testa bassa, le spalle chiuse e con un passo rilassato. Questo nuovo atteggiamento gli dovrebbe far capire che non si deve spostare, ma ci può lasciar avvicinare. Nel caso in cui si dovesse confondere, continueremo a seguirlo, mantenendo quella postura fino a quando non si fermerà. Solo allora ci fermeremo anche noi, poggiandogli la mano sul collo o sulla spalla come segno di rilascio di pressione.
Durante i primi approcci a questi esercizi non ci preoccuperemo se il cavallo, con l’intento di allontanarsi dal nostro spazio, andrà di lato, indietro o in avanti. Per ora ci interessa solamente che capisca qual è l’area da rispettare. In un secondo momento andremo a correggere, con gli esercizi già visti, la sua posizione (primo step per la direzione, rispetto della capezza per orientare il suo naso).
L’esercizio dello spazio personale può riguardare indi-rettamente anche il rispetto verso il cavaliere: poniamo di avere un cavallo che come difesa giri di posteriore verso l’uomo con l’intento di minacciare un calcio. Usando lo spazio personale diretto alla sua parte posteriore gli insegneremo a rimanere a distanza e a non minacciare il cavaliere. Questo è solo uno dei tanti vantaggi che derivano dall’aver insegnato ad un cavallo lo spazio personale. Altri possono essere, per esempio, il fatto di poter muoversi liberamente in paddock o in box senza la paura di essere investiti o calciati dai cavalli presenti, oppure la possibilità di potersi muovere in libertà se durante un trekking fossimo costretti ad effettuare dei lavori da terra con il cavallo a mano. Quindi molteplici vantaggi in un unico esercizio, perciò, perché non insegnarlo al nostro cavallo?
L’ESERCIZIO RIBALTATO
Essendo questo un esercizio costruito sull’osservazione dei comportamenti dei cavalli in branco, non dovremo stupirci se il nostro allievo a quattro gambe dovesse tentare di ribaltare la situazione: nel momento in cui gli andremo a richiedere spazio, lui potrebbe cercare a sua volta di imporre la sua area personale. In questo caso saremo tornati al confronto di leadership, dove il cavallo cercherà di spostarci. Dovremmo avere l’abilità di riuscire a mantenere la posizione e fare in modo che sia lui a spostarsi, senza portare lo scontro ad un livello fisico, dove saremo destinati a perdere. Quindi, se riusciamo, manteniamo la posizione e continuiamo a ruotare la lunghina, finchè lui desisterà. Ma se il suo atteggiamento dovesse diventare aggressivo, rinunciamo all’esercizio e ritorniamo al primo step, lavorando sulla direzione, riprendendo solo successivamente lo spazio personale.