Alcuni cavalli non amano esser presi quando sono il relax al pascolo. Per molti cavalieri diventa un’impresa che porta via molto tempo al lavoro in sella. Vediamo come procedere.
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Partiamo dal presupposto che il cavallo è una preda con un’enorme sensibilità e che reagisce alle pressioni. Per cui, tanto più faremo pressione per prenderlo, tanto più lui scapperà. Ma per prenderlo dobbiamo avvicinarci. E per avvicinarci gli mettiamo pressione. Come uscire da questa impasse? La soluzione concettualmente è semplicissima: facciamo in modo che sia lui a prenderci. A parole sembra facile, ma nel concreto come ci dobbiamo comportare? Innanzitutto serve tempo e pazienza. Non cerchiamo di fare questo lavoro quando siamo di corsa o quando siamo in uno stato d’animo nervoso. La fretta non porta a nulla con i cavalli e sicuramente ben sapete che gli stati d’animo sono percepiti da tutti gli animali. Quindi, armati di tranquillità e pazienza, entriamo nel paddock (che non sia troppo grande. In caso contrario faremo in modo di instradarlo in un pascolo più piccolo o in un ambiente delimitato in maniera sicura) dove placidamente pascola il nostro amico. Dopo essere entrati e aver chiuso il cancello o la fettuccia, restiamo un attimo a guardare le sue reazioni/risposte. Se alza la testa per osservarci, abbiamo la sua attenzione ed è già un buon punto. Se non lo fa, camminiamo, sempre con calma, diritti verso di lui (foto1), fino a quando volgerà lo sguardo verso di noi (foto2). A quel punto ci fermeremo. Se il cavallo rimane immobile fissandoci, distogliamo lo sguardo dai suoi occhi, guardiamo a terra, tenendolo sotto controllo con la coda dell’occhio. Lo sguardo è una pressione! Dopo di che procederemo verso di lui facendo un percorso a zig-zag molto ampio, per non dargli l’idea di esser diretti verso di lui. Ad ogni cambio di direzione, giriamo dando la schiena al cavallo, quasi come se volessimo andare via. Se notiamo segni di nervosismo, rallentiamo il passo o allontaniamoci leggermente. Se invece il cavallo comincia a muoversi o a scappare, riprendiamo a fissarlo e camminiamo dritti verso di lui, fino a quando non si fermerà di nuovo. Solo allora toglieremo la pressione abbassando lo sguardo e smettendo di camminare in sua direzione. Dovrà arrivare a capire che se lui scappa, noi gli mettiamo pressione, mentre se lui resta immobile, lo premieremo togliendo la pressione. A questo punto ripartiamo con il nostro zig-zag, sempre molto lento ed ampio. Il nostro punto di arrivo è vicino alla spalla sinistra del cavallo, di fianco al muso. Se il cavallo, quando ci avviciniamo si gira di posteriori, facciamolo galoppare via, mettendogli improvvisa pressione con voce e movimenti delle braccia. In quel momento è sulla difensiva e potenzialmente pronto a calciare, quindi non una situazione di sicurezza per poterlo prendere. Valutiamo sempre di essere in una posizione esente da pericoli. Dopo vari tentativi siamo arrivati vicini al muso del cavallo (foto3). È il momento di mettergli la capezza che abbiamo sempre tenuto in mano fino ad ora? Assolutamente no! Se lo facessimo, il cavallo riceverebbe una nuova dose di pressione che ci farebbe ripartire da capo. Proviamo ad accarezzarlo sulla spalla (foto4) e poi gli diamo le spalle e facciamo qualche passo per allontanarci. Sempre con la coda dell’occhio controlliamo i suoi atteggiamenti. Ci segue? Ottimo, abbiamo ottenuto quello che volevamo. Aspettiamo che ci raggiunga e poi riprendiamo a camminare, sempre senza voltarci e senza fissarlo. Una volta che ci ha raggiunto tre o quattro volte, con delicatezza andiamo più vicini al suo collo e con movimenti lenti, passiamo la lunghina da sotto il collo, in modo da avere un anello di controllo mentre infiliamo la capezza. È stato lui a “catturarci”. Se invece il cavallo, dopo esserci avvicinati, purtroppo ci ignora, dobbiamo girarci e fissandolo negli occhi, mandarlo via, mettendogli pressione (battendo le mani, facendo roteare la lunghina, facendo la rana). In questo modo riotterremo la sua concentrazione, anche se dovremo ricominciare tutto dall’inizio fino ad ottenere una costante attenzione. Una volta incapezzato il cavallo, non portiamolo subito in box o in lavoro, ma facciamolo pascolare o spazzoliamolo per un po’, in modo da associare l’uscita dal paddock ad una situazione piacevole. Ricordiamo che tanto più il cavallo si è abituato a scappare da noi, tanto più tempo ci vorrà per riabituarlo. La prima volta potrebbe volerci un’ora, ma il giorno successivo ci vorranno solo quaranta minuti e quello dopo venti, fino a quando il cavallo capirà che non c’è nulla di male ad essere presi e con ogni probabilità sarà lui a venirci incontro all’entrata del pascolo. Per la maggior parte dei cavalli questo sistema funziona. Una volta in campo poi, applichiamo il #metodoATH per rinforzare il legame ed il rispetto del cavallo, così da migliorare i risultati. Rimangono esclusi da questa soluzione i cavalli con traumi, per i quali conviene rivolgersi ad un professionista, per la propria incolumità in primis e per evitare di peggiorare la situazione. Ed ora, armiamoci di lunghina, capezza e pazienza e avviamoci verso il paddock.
CIBO SI – CIBO NO
L’utilizzo del cibo come metodo per convincere il cavallo ad esser preso può portare a risultati immediati, ma non duraturi. Anzi, inneschiamo in questa maniera un processo tale per cui il cavallo potrebbe aggredirci una volta in paddock per arrivare quanto prima al su premio. I soggetti più scaltri potrebbero non farsi mettere la capezza fino a quando non diamo loro la ricompensa e subito dopo scapperanno via. Ricordiamo che il cavallo non percepisce il senso di gratitudine per il cibo che gli diamo.